Ho letto l’articolo-inchiesta di Alessia Bausone su una vicenda politico-amministrativa che riguarda, in prevalenza, l’assessore comunale alla Cultura, Donatella Monteverdi, una delle sostenitrici più ascoltate (così si dice) del sindaco Nicola Fiorita. L’argomento, in verità, era già stato sollevato da un gruppo politico d’opposizione che, però, aveva evitato di citare i singoli protagonisti. A me gli aspetti giuridico-amministrativi interessano poco, e quindi lascio ad altri colleghi ed esperti il compito di valutarli e approfondirli attentamente. Per formazione e studi sono più attento, invece, alle dinamiche politiche. In precedenti miei scritti, menzionando anche la questione relativa all’attuale consigliere comunale Alberto Carpino, nonché l’evoluzione del percorso della cosiddetta “anatra zoppa”, avevo già sollevato qualche perplessità sull’impostazione politica che il sindaco ha man mano dato alla sua giovane legislatura. Continuo ad auspicare che Fiorita abbia la voglia di riprendere in mano lo scettro della politica e di affidare l’amministrazione viva a una Giunta di altissimo profilo e super partes, accettata e condivisa, se possibile, dall’intero Consiglio comunale. La soluzione politico-istituzionale sarebbe stata la più consona rispetto a un dato oggettivo che continua a essere molto trascurato: Nicola Fiorita è stato eletto al ballottaggio, ma al primo turno la sua coalizione è rimasta molto lontana (molto, lo ribadisco) dalla maggioranza dei votanti che, al contrario, si è schierata a favore delle liste sostenitrici di Valerio Donato. L’anatra zoppa, appunto. Questa situazione avrebbe dovuto indurre il sindaco a produrre, immediatamente, due passaggi politici basilari: far capire ai propri sostenitori, e soprattutto a quelli più vicini, che una “vittoria mutilata” avrebbe necessariamente aperto uno scenario diverso, segnando l’impossibilità di procedere per come invece, a mio parere commettendo un grave errore, si è fatto; aprire un ragionamento politico importante (quasi austero) con tutta l’opposizione e proporre una soluzione istituzionale che al primo punto avrebbe dovuto riconoscere alla “maggioranza elettorale” il ruolo di presidente dell’Assemblea. L’ovvia premessa è che, come quasi sempre accade, nessun consesso appena eletto è pronto a dimettersi in massa mandando a casa il primo cittadino. Dando per scontato questo assioma (se non fosse così, del resto, avremmo già commentato le dimissioni), ritengo che nessuno avrebbe negato al sindaco la possibilità, ad esempio, di nominare un paio di assessori di assoluta fiducia, in materie ritenute strategiche, e di trattenere a sé deleghe delicate. Per il resto massima condivisione e autentico spirito di collaborazione, nomi di riconosciuto spessore e non di parte, un Patto per la Città carico di significati positivi e di grandi obiettivi. Alla guida di Catanzaro, quindi, un sindaco nuovo, dotato di un ottimo curriculum professionale, e il “Senato” della città. Perché Catanzaro, purché lo voglia, un “Senato” ce l’ha, anche ben nutrito. Tante le emergenze da affrontare, spazi enormi per produrre politica con la “P” maiuscola. Nicola Fiorita e i suoi, invece, hanno scelto un’altra strada, molto più tortuosa e non lineare (parlo sempre di politica) e che sta rischiando di offuscare l’immagine stessa del primo cittadino. Lo si tenga ben presente: in qualsiasi città capoluogo del Sud un sindaco forte e autorevole è un bene collettivo, anche a prescindere dagli schieramenti di riferimento. Torniamo all’articolo della Bausone che, ripeto, era stato preceduto da una nota stampa firmata da consiglieri comunali dell’opposizione. Anche per rispetto del lavoro della collega non entro nel merito giuridico-amministrativo della vicenda. Ho anche io le mie fonti, come sempre, e per ora le accantono. Ma se non vogliamo proporre l’immagine di giornalisti impegnati quasi solo a “pastonare” comunicati stampa, una riflessione prettamente politica occorre pur vergarla. Iniziamo a rivolgere delle domande. Nicola Fiorita è contento di quello che è accaduto? I tempi della vicenda (e non solo) non generano perplessità prima di tutto politiche? È o no Catanzaro un capoluogo di regione? Perché non c’è stata una prima risposta ufficiale, ben argomentata, alla nota dei consiglieri comunali? E ora? Come è spesso accaduto assisteremo a una difesa politica a oltranza, o forse potrebbe essere giunto il momento di piantare un bel “punto e a capo”? Azzeramento ad ogni livello e Patto per la Città ancora più solido, ricco di contenuti, alto e nobile nelle premesse e nelle prospettive? Un unico collante: il bene di Catanzaro e il ruolo del capoluogo in ambito regionale e nazionale. L’incerto rodaggio del primo anno potrebbe suggerire una profondissima revisione: un cambio di rotta controvento, visto che non e detto che i cambiam(v)enti portino sempre i risultati sperati. Meno passerelle, anche video, e più silenziosa sostanza e avvedutezza politica. Più generosi sacrifici e meno post social. E pensando a qualcun altro, sul quale ritornerò: ognuno faccia il proprio mestiere, soprattutto quando sa farlo bene! Spero vivamente che il sindaco Fiorita si fermi un paio di giorni e rifletta a fondo, ritornando alle ragioni più autentiche del suo progetto politico. Anche perché il passaggio dalle “rivoluzioni” politiche vere e mature ai più rumorosi “tutti a casa” molto spesso può essere repentino. (Massimo Tigani Sava)
Catanzaro, per Fiorita è il momento delle scelte profonde. Azzerare tutto e tornare al nobile Patto per la Città?
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