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Sos Coldiretti: Italia invasa da miele straniero, con in testa Ungheria e Cina

30 Marzo 2018 - Local Genius

Sos Coldiretti: Italia invasa da miele straniero, con in testa Ungheria e Cina


La produzione di miele nel 2017 si è più che dimezzata attestandosi sulle 10 milioni di chili, uno dei risultati peggiori della storia dell’apicoltura moderna da almeno 35 anni, mentre le importazioni hanno superato i 23 milioni di chili con un aumento di quasi il 4% rispetto all’anno precedente.

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«Boom del miele nel carrello della spesa degli italiani con un aumento del 5,1% sul valore degli acquisti nell’ultimo anno, ma volano anche le importazioni dall’estero con 2 barattoli su 3 che arrivano dall’estero nel 2017. E’ quanto afferma la Coldiretti, in relazione all’allarme lanciato dall’Università di Milano sull’impatto dei cambiamenti climatici che rischiano di azzerare la produzione di miele entro i prossimi cento anni. Una prospettiva preoccupante – sottolinea la Coldiretti– considerato che le api sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori tanto che Albert Einstein sosteneva che: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”». Lo si legge in una nota stampa ufficiale diramata il 29 marzo 2018 da Coldiretti nazionale, e che riportiamo integralmente. «Gli effetti del clima pazzo – rileva la Coldiretti – si vedono già adesso sugli alveari con una produzione di miele nel 2017 più che dimezzata attestandosi sulle 10 milioni di chili, uno dei risultati peggiori della storia dell’apicoltura moderna da almeno 35 anni, mentre le importazioni hanno superato i 23 milioni di chili con un aumento di quasi il 4% rispetto all’anno precedente. Quasi la metà di tutto il miele estero in Italia arriva da due soli paesi: Ungheria con oltre 8 milioni e mezzo di chili e la Cina con quasi 3 milioni di chili ai vertici per l’insicurezza alimentare».

«Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità – consiglia la Coldiretti – occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”».

«Il miele – evidenzia la Coldiretti – è uno degli alimenti più multifunzionali che si possono trovare in natura: può essere usato per i dolci, per i condimenti, per le bevande, per le tisane e come aiuto contro i mali di stagione, ma anche come componente di creme di bellezza per la pelle e per gli impacchi nutrienti per i capelli. Il miele ha proprietà antibatteriche e anti infiammatorie, ma è anche un energizzante naturale che può essere usato nelle escursioni in montagna o prima di una gara sportiva o di un allenamento, grazie anche alla sua alta digeribilità. In Italia – spiega la Coldiretti – esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane – conclude la Coldiretti – ci sono 1,2 milioni gli alveari curati da 45.000 apicoltori tra hobbisti e professionali con un valore stimato in  più di 2 miliardi di euro per l’attività di impollinazione alle coltivazioni».

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