«La ripresa rallenta e, se non verranno disattivate le clausole di salvaguardia, rischia di incepparsi. I dati diffusi oggi (22 maggio, ndr) dall’Istat confermano i rischi al ribasso che avevamo paventato: le stime sulla crescita e sui consumi potrebbero essere infatti peggiori di quelle, ottimistiche, inserite dal governo uscente nel Def. E se le aliquote IVA dovessero aumentare, nei prossimi tre anni il quadro potrebbe peggiorare ulteriormente, portandoci a perdere, secondo le previsioni elaborate da Cer Ricerche per Confesercenti, circa 11 miliardi e mezzo di crescita. Con un contemporaneo aumento dell’inflazione destinato a erodere ancora di più il reddito disponibile degli italiani e quindi i consumi, che l’Istat vede già in rallentamento». Così Confesercenti nazionale, in una nota stampa ufficiale diramata il 22 maggio 2018, sulle previsioni dell’andamento dell’economia italiana diramate lo stesso giorno dall’Istituto nazionale di statistica.
«Il quadro che emerge – spiega l’organizzazione di categoria – non è del tutto negativo, ma a dare fiato all’economia sono soprattutto le esportazioni, che però potrebbero risentire di eventuali rallentamenti del contesto internazionale. Per il resto, si consolida l’immagine di un’Italia come Paese ‘deviante’ dalle tendenze delle altre economie europee. Con un incremento del Pil all’1,4%, l’Italia resta indietro di quasi un punto rispetto al ritmo di crescita (+2,3%) registrato dall’area euro, perdendo terreno anche in confronto ad alcuni paesi periferici come Spagna e Portogallo. Si confermano dunque le incertezze di una fase che, fra l’altro, dovrà affrontare anche il difficile passaggio della normalizzazione della politica monetaria».
«In questo momento delicato, chiediamo al futuro governo (qualunque sarà la soluzione istituzionale) – conclude la nota stampa – di impegnarsi subito, nel primo Consiglio dei Ministri, nella sterilizzazione delle clausole di salvaguardia. Un intervento che richiede risorse, ma che è strettamente necessario. Perché se le aliquote IVA dovessero salire ancora, il prezzo che pagheremmo in termini di crescita sarebbe insostenibile. Il rischio è di vedere la ripresa italiana (già la più debole d’Europa) ridursi ancora, con gravi effetti su imprese ed occupazione. Un rischio che non possiamo permetterci».